Incontinenza Urinaria
Cause ed Epidemiologia
L’incontinenza urinaria è definita come la perdita delle urine al di fuori dell’atto volontario
della minzione e si può considerare, oltre che un sintomo, una vera e propria patologia
che condiziona in maniera significativa la qualità di vita dei soggetti affetti. Si calcola che
in tutto il mondo circa 200 milioni di persone ne soffrano.
I soggetti affetti da problemi di incontinenza sono principalmente donne dopo la prima
gravidanza, anziani, soggetti sottoposti ad interventi di chirurgia addominale o pelvica,
pazienti affetti da traumi uretrali, infezioni delle vie urinarie o patologie neurologiche
congenite o acquisite e uomini soggetti ad ipertrofia prostatica. Alla base della
manifestazione clinica dunque soggiace un danno organico causato da diverse
circostanze.
Classificazione: Incontinenza da Sforzo, da Vescica
Iperattiva e Mista
– Incontinenza da sforzo: perdita involontaria di piccole quantità di urina che si verifica
sotto sforzo quando aumenta la pressione sulla vescica. (Nell’uomo causata soprattutto da
chirurgia sulla prostata, in caso di lesione dei nervi o dei meccanismi sfinteriali uretrali.
Nella donna dopo gravidanze con parto laborioso, l’obesità, effetti collaterali di alcuni
farmaci con atrofia delle strutture tissutali di supporto).
– Vescica iperattiva: causata da contrazioni involontarie del muscolo detrusore. Tali
contrazioni generano una sensazione di urgenza alla minzione. La vescica iperattiva a sua
volta si suddivide in: idiopatica (non se ne conoscono le cause); neurogena quando
causata da disfunzioni del sistema nervoso provocate da traumi o malattie quali sclerosi
multipla, Parkinson o spina bifida;
– Incontinenza mista (sintomi tipici dell’incontinenza da stress e dell’incontinenza da
urgenza)
Approfondimenti Diagnostici per l’Incontinenza
La diagnosi si basa inizialmente su anamnesi ed esame obiettivo. In seconda battuta
vanno eseguiti esami diagnostico strumentali quali:
• Esame urine ed urinocoltura (per valutare eventuali infezioni delle vie urinarie)
• Ecografia addominale (per valutare eventuale ristagno di urina in vescica o grossolane
anomalie anatomiche)
• Uretrocistoscopia (per valutare anomalie anatomiche)
• Cistouretrografia retrograda minzionale (valutazione dell’uretra, riscontro di rigurgiti di
urina dalla vescica agli ureteri)
• Esame Urodinamico (per valutare il funzionamento della vescica e dell’uretra)
• Uroflussometria (valutazione del flusso urinario)
• Cistometria (valutazione della pressione vescicale in vari momenti del suo riempimento)
• Studio pressione-flusso (registra le pressioni che si sviluppano all’interno della vescica
durante la minzione)
Farmaci e Terapia Comportamentale
dell’Incontinenza nella Donna
Ci sono numerose opzioni disponibili per il trattamento dell’incontinenza. Attualmente si
tende a partire con un atteggiamento conservativo: variazioni nello stile di vita, modifica
delle abitudini minzionali, rieducazione fisica con esercizi specifici a livello del piano
pelvico con il preciso scopo di rinforzarne la muscolatura, biofeedback, terapia
farmacologica adeguata. Nel caso le suddette terapie non apportassero i miglioramenti
previsti, vi è la possibilità di ricorrere alla terapia chirurgica.
Trattamento Chirurgico dell’Incontinenza Urinaria
Femminile
L’approccio chirurgico alle patologie più comuni del pavimento pelvico si basa sull’utilizzo
delle più recenti tecniche mini-invasive e segue linee guida standardizzate sia europee
che americane.
Sling e Minisling medio-uretrale
La nuova frontiera nel trattamento mini-invasivo dell’incontinenza da sforzo femminile
consiste in questo semplice e rapido intervento chirurgico (tempo chirurgico attorno ai 10-
15 minuti). Si tratta del posizionamento di una rete di polipropilene a livello medio uretrale
attraverso una singola incisione effettuata in parete vaginale anteriore. Lo sling si auto-
ancora a livello del muscolo otturatorio bilateralmente, evitando ulteriori incisioni. In
letteratura sono stati dimostrati i vantaggi di tale approccio, rispetto a quello classico, in
termini di tempo chirurgico, sanguinamento e complicanze nonché di dolore post
operatorio e tempo di ripresa delle normali attività.
Iniezioni endovescicali di tossina botulinica
La tossina botulinica è una proteina neurotossica prodotta in natura da un batterio
(Clostridium botulinum) che provoca paralisi generalizzata e blocca la contrazione
muscolare agendo sul rilascio di neurotrasmettitori a livello delle sinapsi nervose. Le
iniezioni di tossina botulinica sono comunemente effettuate presso il nostro centro
multidisciplinare in caso di iperattività vescicale non responsiva alla terapia medica sia
neurologica (che interessa circa il 17% della popolazione europea adulta) sia idiopatica.
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che le iniezioni di tossina botulinica sono
efficaci sia nel migliorare i sintomi (nel 70% circa dei pazienti) che nel risolverli
completamente (con un tasso di pazienti completamente asciutti intorno al 30%) e sono
generalmente ben tollerate sia nel caso di vescica neurologica che non. L’intervento di
infiltrazione della tossina nella parete vescicale viene eseguito mediante cistoscopia,
passando attraverso l’uretra e raggiungendo la parete vescicale interna, con successiva
iniezione di piccole dosi di farmaco nella parete stessa (in modo da raggiungere il muscolo
detrusore). L’intervento può essere eseguito in un setting ambulatoriale oppure in regime
di day hospital, con dimissione del paziente poche ore dopo la procedura senza la
necessità di posizionamento di catetere Vescicale.
Neuromodulazione sacrale
Questa terapia è raccomandata e approvata dalla USA food and Drug Administration
(FDA) per i casi di sindrome da vescica iperattiva , urgenza minzionale, frequenza
minzionale aumentata, nicturia, incontinenza urinaria da urgenza e ritenzione cronica non
ostruttiva. Il suo meccanismo di azione non è completamente noto, si ipotizza che la
modulazione elettrica agisca sulla comunicazione tra vescica e sistema nervoso sia a
livello locale che centrale. In media il 70-80% dei pazienti riporta un miglioramento dei
sintomi di partenza (almeno del 50% rispetto alla situazione iniziale) dopo
questo trattamento. L’unità per il trattamento delle disfunzioni del pavimento pelvico del
San Raffaele rappresenta un centro di riferimento nazionale per l’impianto dei
neuromodulatori sacrali. Il nostro gruppo di ricerca è attualmente impegnato
nell’individuazione dei fattori predittivi di efficacia di tale metodica in modo da identificare il
candidato ideale per questo trattamento. Nella pratica clinica il posizionamento del
neuromodulatore prevede due tempi chirurgici: Il tempo: si procede all’introduzione di un
elettrodo (tined lead) a livello della radice nervosa S3 e alla sua stimolazione al fine di
evocare una risposta motoria tipica. Si procede quindi a controllo radioscopico della
corretta posizione dell’elettrodo che verrà collegato a una batteria provvisoria esterna e
programmato dopo l’intervento, con la collaborazione del paziente. II tempo: dopo almeno
una settimana dal I tempo, si valuta assieme al paziente il livello di miglioramento
soggettivo nel sintomo principale (almeno del 50%). Se il paziente riferisce tale
miglioramento (confermato anche dai diari minzionali che verrà chiesto di compilare tra I e
II tempo) si procederà all’Impianto del neuromodulatore definitivo (completamente interno).
Questo intervento (della durata di circa 15 minuti) consiste nel posizionamento
sottocutaneo (appena sotto la faccia posteriore della cresta iliaca,) da un solo lato, della
batteria definitiva del neuromodulatore.