Il Tumore della prostata
Il tumore della prostata o adenocarcinoma prostatico costituisce il
primo tra i tumori più comuni negli uomini con un’incidenza di
circa il 21%.
Tale tumore ha una tendenza ad essere lentamente progressivo
prima di arrivare all’evidenza clinica della neoplasia stessa.
Il 70% dei tumori prostatici si sviluppano a livello della zona
periferica della ghiandola prostatica, molto più raramente a livello
della zona centrale ed in quella di transizione.
Si tratta di una patologia correlata con l’età, rara al di sotto dei 40
anni, con un’incidenza massima tra la settima e l’ottava decade
d’età.
La possibilità di una “diagnosi precoce”, grazie al dosaggio
ematico del “PSA” (Antigene Prostatico Specifico) effettuato
annualmente al di sopra dei 50 anni d’età, ha drasticamente
sovvertito le opzioni terapeutiche, tanto da farlo considerare
oggigiorno potenzialmente ”curabile” con una sopravvivenza a 5
anni di circa l’85% dei pazienti.
Nei gruppi ad “alto rischio”, come soggetti con storia familiare di
tumore alla prostata o appartenenti alla razza afro-americana, i
primi dosaggi dovrebbero iniziare dai 40 anni d’età.
Sintomatologia
Il carcinoma della prostata in fase iniziale è asintomatico, proprio
perché origina dalla porzione periferica della ghiandola prostatica e
quindi lontano dall’uretra; la maggior parte dei tumori alla prostata
sono infatti dei noduli scoperti “casualmente” durante
un’esplorazione rettale o in corso di ecografia prostatica transrettale
o rilevati “incidentalmente” dopo interventi per l’ipertrofia
prostatica.
Solo in una fase successiva, se il tumore si estende dalla zona
periferica verso la zona centrale con coinvolgimento uretrale, si
possono avere sintomi da ostruzione cervico-uretrale (pollachiuria,
nicturia, stranguria). Occasionalmente si possono avere dolori ossei
e talvolta comparsa di fratture patologiche per la presenza di
metastasi ossee come sintomi d’esordio. A volte il primo segno è
rappresentato dall’emospermia (presenza di sangue nello sperma
visibile ad occhio nudo) per il coinvolgimento delle vescicole
seminali nel processo neoplastico.
Diagnosi
• Esplorazione rettale: consente di apprezzare l’eventuale
presenza di noduli, con superficie irregolare, consistenza
aumentata, limiti non netti e mal definibili.
• Antigene Specifico Prostatico (PSA): è una glicoproteina che
serve per la liquefazione dello sperma ed aumenta in
presenza di patologia tumorale rivestendo un ruolo
fondamentale in fase di screening, diagnosi, stadiazione e
follow-up del tumore alla prostata.
• Ecografia prostatica transrettale: la maggior parte dei tumori
appaiono come noduli ipoecogeni, comunque un terzo può
essere isoecogeno e l’ 1-2% dei tumori è iperecogeno.
• Biopsia: può essere effettuata con ago tru-cut per esame
istologico, il prelievo deve essere effettuato
• sotto guida ecografia per via trans-rettale o per via trans-
perineale.
• TAC: valutazione dell’eventuale coinvolgimento linfonodale.
• RNM: permette una valutazione dell’infiltrazione del tumore a
livello dei tessuti molli.
• Scintigrafia ossea: valuta la presenza o meno di lesioni
metastatiche ossee.
Terapia
Il paziente con età al di sotto dei 70 anni e con malattia di basso
stadio (organo-confinata) rappresenta il candidato ideale per
l’intervento di prostatectomia radicale. L’intervento prevede
l’asportazione in blocco di prostata e vescicole seminali con
linfoadenectomia iliaco-otturatoria.
La sopravvivenza a lungo termine di tali pazienti dopo terapia arriva
al 90%. Tra le complicanze a lungo termine di questo intervento
abbiamo l’incontinenza urinaria (con incidenza variabile tra 0,3 e
65,6%) e l’impotenza (con incidenza variabile tra 10 e 90%),
entrambe possono giovare di una “riabilitazione precoce” nel
post-operatorio.
Nel caso della Disfunzione Erettile la terapia medica-riabilitativa
deve essere attuata più precocemente possibile dopo circa 4
settimane dall’intervento, in modo continuativo per 6-12 mesi, con
lo scopo di prevenire la fibrosi dei corpi cavernosi e come induzione
al trattamento di mantenimento, si utilizzano soprattutto gli inibitori
della PDE5 come: Sildenafil (VIAGRA) 100 mg (1cp/die), Vardenafil
(LEVITRA) 20 mg (1cp/die), Tadalafil (CIALIS) 20 mg (3 cp/week)
somministrati per bocca, da soli o in associazione alla
Prostaglandina E1- PGE1 (2,5-20 mcg 2-3/week) somministrata per
via intracavernosa (FIC).
Una valida opzione terapeutica alternativa è la radioterapia,
esterna ed interstiziale, indicata sempre nei soggetti con malattia
di basso stadio (organo-confinata) ma di età superiore ai 70 anni o
in presenza di un performance status non ottimale. Secondo molti
studi i risultati ottenuti con la radioterapia per quanto riguarda il
follow-up a 10 anni, sono sovrapponibili a quelli della chirurgia,
comunque dobbiamo dire che il paragone accurato, stadio per
stadio, tra le due metodiche è impossibile in quanto solo la chirurgia
permette una corretta stadiazione anatomo-patologica.
Le complicanze delle radioterapia sono rappresentate da sequele
”intestinali”, come proctiti, sanguinamento rettale, stenosi
dell’ampolla rettale etc. ed “urologiche” cistite da raggi con
ematuria, stenosi uretrale ed impotenza (con incidenza variabile tra
22 e 84%).
La radioterapia interstiziale ha il vantaggio rispetto alla radioterapia
esterna, di ledere meno i tessuti limitrofi alla prostata, ma si può
avere come problema importante una migrazione a distanza dei
semi radioattivi con mancanza di uniformità nella zona irradiata.
Il carcinoma della prostata è un tumore ormono-sensibile; per
questo motivo lo scopo della terapia ormonale è quello di
abbassare la produzione di testosterone o impedirne il legame ai
recettori sulle cellule prostatiche. A questo scopo si utilizzano
farmaci “antiandrogeni” (flutamide, bicatulamide e ciproterone
acetato) che inibiscono l’azione androgenica mediante
competizione recettoriale ed altri cioè gli “analoghi dell’LH-RH” che
impediscono la produzione androgenica inibendo l’asse ipotalamo-
ipofisario. E’ possibile anche un “blocco androgenico combinato”
mediante l’associazione di un antiandrogeno con un analogo LH-
RH.
La terapia ormonale si esegue i come primo approccio terapeutico
soltanto quando il paziente non può essere sottoposto ad intervento
di prostatectomia radicale per l’età avanzata o quando le condizioni
generali controindicano l’intervento chirurgico od in presenza di
neoplasia in stadio avanzato o metastatico. La terapia ormonale è
anche indicata come trattamento adiuvante dopo prostatectomia
radicale o radioterapia in caso di malattia localmente avanzata.